Come posso vivere concretamente l’amore nella quotidianità dell’esperienza scolastica?
L’amore è paziente: è capacità di attendere i tempi di crescita, di incoraggiare e stimolare, anche quando sembra che niente cambi e che regni la demotivazione.
L’amore desidera il bene dell’altro: di ciascun ragazzo/a e di ciascun/a collega, nel tempo che mi è concesso di condividere con lui/lei, soprattutto dei “bastonati nell’affettività”.
Amare è donare, ma anche chiedere (“L’amore è sempre un appello ad essere riamato”): come insegnante a volte mi dico che dovrei mantenere un “profilo più asettico”, non troppo “affettivo”; ma constato ogni giorno come i ragazzi percepiscano i miei sentimenti (anche quando sono trattenuti) e se ne sentano coinvolti. Penso quindi che possa essere un’occasione di crescita dire quello che provo, manifestare le mie soddisfazioni ed insoddisfazioni nei confronti dell’esperienza scolastica e non solo, esprimere (da adulta e da insegnante) la mia sensibilità e umanità.
L’amore non invidia… il/la collega che ottiene più riconoscimenti o che ha più coraggio di sperimentare nuove metodologie, che ha più carisma o capacità. L’invidia porta alla competizione, al bisogno di dimostrare all’altro che “io sono meglio”, rovina la relazione e la possibilità di collaborare e di crescere insieme. Anche andare oltre l’invidia altrui (che si manifesta come “sospettosità”), cercando di mantenersi umile, non è facile … è più semplice non condividere quello che si fa e mantenere le distanze.
L’amore, quindi, dona senso ad ogni cosa, anche al mio lavoro. (Anna)