Mi piace pensare a quel passo del Vangelo di Matteo dove i discepoli chiedono a Gesù: «Dove vuoi che prepariamo per te, perché tu possa mangiare la Pasqua?» (26,17). La risposta di Gesù manifesta chiaramente che Lui aveva già predisposto ogni cosa: conosceva il percorso che avrebbe fatto un uomo con l’anfora dell’acqua, sapeva della sala grande già arredata al piano superiore della casa (cfr Lc 22,10-12); e, senza dirlo, avvertiva pienamente quanto c’era nei cuori dei suoi amici per quanto avrebbe dovuto accadere nei giorni successivi.
Le parole iniziali con cui li invia sono: «Andate in città» (Mt 26,18). Questo particolare ci fa rileggere il cammino della catechesi come momento attraverso il quale i cristiani, che si preparano a celebrare il culmine del mistero della fede, sono invitati ad andare prima “in città”, per incontrare le persone indaffarate nei loro impegni quotidiani.
La catechesi – come sottolinea il nuovo Direttorio – non è una comunicazione astratta di conoscenze teoriche da memorizzare come fossero formule di matematica o di chimica. È piuttosto l’esperienza mistagogica (introdurre ai misteri) di quanti imparano a incontrare i fratelli là dove vivono e operano, perché loro stessi hanno incontrato Cristo, che li ha chiamati a diventare discepoli missionari. Dobbiamo insistere per indicare il cuore della catechesi: Gesù Cristo risorto ti ama e non ti abbandona mai! Questo primo annuncio non può mai trovarci stanchi né ripetitivi nelle varie fasi del cammino catechistico.
Per questo ho istituito il ministero di catechista. Stanno preparando il rituale per la “creazione” dei catechisti. Perché la comunità cristiana senta l’esigenza di suscitare questa vocazione e di sperimentare il servizio di alcuni uomini e donne che, vivendo della celebrazione eucaristica, sentano più viva la passione di trasmettere la fede come evangelizzatori. Il catechista e la catechista sono testimoni che si mettono al servizio della comunità cristiana, per sostenere l’approfondimento della fede nel concreto della vita quotidiana. Sono persone che annunciano senza stancarsi il Vangelo della misericordia; persone capaci di creare i legami necessari di accoglienza e vicinanza che permettono di gustare meglio la Parola di Dio e di celebrare il mistero eucaristico offrendo frutti di opere buone.
Ricordo con amore le due catechiste che mi hanno preparato per la 1^ Comunione, e ho continuato il rapporto con loro da sacerdote e anche, con una di loro, da vescovo. Sentivo un grande rispetto e un sentimento di ringraziamento, senza esplicitarlo, ma si sentiva come una venerazione. Perché? Perché erano le donne che mi avevano preparato per la 1^ Comunione, insieme a una suora. Questa esperienza voglio dirvela perché per me è stata una cosa bella, accompagnarle fino alla fine della loro vita, ambedue. E anche la suora, che mi ha preparato alla parte liturgica della Comunione: è morta, e io sono stato lì, con lei, accompagnandola. C’è una vicinanza, un legame molto importante con i catechisti.
Come ho detto nella Cattedrale di Bratislava, l’evangelizzazione non è mera ripetizione, mai, del passato. I grandi santi evangelizzatori, come Cirillo e Metodio, come Bonifacio, sono stati creativi, con la creatività dello Spirito Santo.
Hanno aperto nuove strade, inventato nuovi linguaggi, nuovi “alfabeti”, per trasmettere il Vangelo, per l’inculturazione della fede. Questo chiede di saper ascoltare la gente, ascoltare i popoli a cui si annuncia: ascoltare la loro cultura, la loro storia; ascoltare non superficialmente, pensando già alle risposte preconfezionate che abbiamo nella valigetta, no! Ascoltare davvero, e mettere a confronto quelle culture, quei linguaggi, anche e soprattutto il non-detto, il non-espresso, con la Parola di Dio, con Gesù Cristo Vangelo vivente. E ripeto la domanda: non è questo il compito più urgente della Chiesa tra i popoli dell’Europa? La grande tradizione cristiana del continente non deve diventare un reperto storico, altrimenti non è più “tradizione”! La tradizione o è viva o non è. E la catechesi è tradizione, è tradere, ma tradizione viva, da cuore a cuore, da mente a mente, da vita a vita. Dunque: appassionati e creativi, con la spinta dello Spirito Santo. Ho usato la parola “preconfezionato” per il linguaggio, ma ho paura dei catechisti con il cuore, l’atteggiamento e la faccia “preconfezionati”. O il catechista è libero o non è catechista. Il catechista si lascia colpire dalla realtà che trova e trasmette il Vangelo con una creatività grande, o non è catechista.
Ai Partecipanti all’Incontro per la Promozione della Nuova Evangelizzazione su “Catechesi e Catechisti per la Nuova Evangelizzazione” 17.09.2021