Santo Padre, siamo in un processo di riconciliazione che non si è concluso. Siamo in cammino. Quali sono le consolazioni di questo suo pellegrinaggio?
(…) Vedete, la cosa più importante è proprio il fatto che l’episcopato si sia trovato d’accordo, abbia raccolto la sfida, e sia andato avanti. Questo del Canada è stato un esempio di episcopato unito. E quando un episcopato è unito, allora può affrontare bene le sfide che si presentano. Sono testimone di quel che ho visto. Questo, dunque, voglio sottolineare: se tutto sta andando bene non è a causa della mia visita. Io sono solamente la ciliegina sulla torta. Sono i vescovi ad aver fatto tutto con la loro unità.
Poi è bene ricordare con umiltà che la parte indigena è davvero capace di affrontare bene la questione, ed è in grado di impegnarsi. Ecco, insomma, sono i miracoli che si possono fare quando la Chiesa è unita. E ho visto familiarità tra vescovi e indigeni. Certo, è inutile nasconderselo, ci sono alcuni che lavorano contro la guarigione e la riconciliazione, nella società come nella Chiesa. Anche stasera ho visto un piccolo gruppo tradizionalista che protestava, e diceva che la chiesa è un’altra cosa… Ma questo fa parte delle cose. Io so solamente che uno dei nemici peggiori contro l’unità della Chiesa e degli episcopati è l’ideologia. Dunque, si vada avanti con questo processo in cammino. Camminare, ma insieme. Voi conoscete quel detto: «Se vuoi andare veloce vai solo, se invece vuoi andare sicuro vai accompagnato».
L ei parla di pellegrinaggio, di riconciliazione e di ascolto. Tutto questo plasma la sua visione sinodale della Chiesa? È di questo che sta parlando?
Guarda, a me dà fastidio che si usi l’aggettivo “sinodale” come se fosse la ricetta dell’ultima ora per la Chiesa. Quando si dice “Chiesa sinodale” l’espressione è ridondante: la Chiesa o è sinodale o non è Chiesa. Per questo siamo arrivati a un Sinodo sulla sinodalità (…). Mi sembra fondamentale ribadire, come faccio spesso, che il sinodo non è un incontro politico né un comitato per decisioni parlamentari. È l’espressione della Chiesa dove il protagonista è lo Spirito Santo. Se non c’è lo Spirito Santo non c’è neanche il sinodo. Ci potrà essere democrazia, parlamento, dibattito, ma non c’è “Sinodo”. Se volete leggere il libro migliore di teologia sul sinodo, allora rileggete gli Atti degli Apostoli. Lì si vede chiaramente che il protagonista è lo Spirito Santo. Questo si sperimenta nel sinodo: l’azione dello Spirito. Accade la dinamica del discernimento. Si sperimenta, ad esempio, che a volte si va veloci con una idea, si litiga e poi avviene qualcosa che riaccomuna le cose, che le armonizza in modo creativo. Per questo mi piace chiarire che il sinodo non è una votazione, un confronto dialettico di una maggioranza e una minoranza. Il rischio è anche quello di perdere il quadro d’insieme, il senso delle cose. Questo è avvenuto con la riduzione dei temi dei sinodi a una questione particolare. Il Sinodo sulla famiglia, ad esempio. Si diceva che era stato organizzato per dare la comunione ai divorziati risposati. Ma nell’Esortazione postsinodale su questo tema c’è solamente una nota perché tutto il resto sono le riflessioni sul tema della famiglia, come ad esempio quello sul catecumenato familiare. C’è tanta ricchezza, dunque: non ci si può concentrare nell’imbuto di una sola questione. Lo ribadisco: se la Chiesa è tale, allora è sinodale. Lo è sin dall’inizio (…).
Antonio Spadaro, 2 risposte nell’ incontro di Papa Francesco con i Gesuiti in Canada