Mi permetto di scrivere dopo aver letto la lettera di un papà e una mamma che hanno perso la figlia. Sono una mamma che, come loro, anche se in una dinamica diversa, ha visto tornare alla “casa del Padre” il figlio di diciassette anni.
Ricordo che a una persona a me cara, che aveva subìto un grave lutto e che tanto aveva pregato per la guarigione, un sacerdote gli ha detto: “Noi non abbiamo fatto nessun contratto con Dio”.
Quando è mancato mio figlio, io ero lontanissima da Dio, ero alle porte dell’inferno e non mi aspettavo nulla. Avevo perso tutto, la mia vita era finita lì, sotto quella terra. Io vivevo per mio figlio, era la mia vita, era la luce dei miei occhi. Eppure, ho sentito che il Signore non mi ha abbandonato. Nella sua infinita misericordia mi ha abbracciato e consolato. Mi ha dato una gioia che mi toglieva il respiro. Non mi ha tolto il dolore, ma mi ha fatto ritrovare la pace del cuore, come solo Lui sa fare.
Io ora non sopravvivo a Luca, ma vivo nella gioia, perché quando c’è l’amore si desidera che l’altro sia felice. Mio figlio non vorrebbe certo una mamma triste, che passa le sue giornate aspettando di morire. La vuole, invece, come quella di sempre, che sorride, ama e vive, aspettando di raggiungerlo per sperimentare la gioia di stare insieme nella luce del Signore.
Incontrare Cristo, anche se in un momento difficile, è stata l’esperienza più bella della mia vita. Ho imparato ad amarlo sulla croce del Calvario, ma anche nella trasfigurazione del monte Tabor. Così come ho appreso dire: “Sia fatta, o Signore, la tua volontà, sempre, qualunque essa sia”.
Volevo infine dire a quei genitori:
“Alzate gli occhi, guardate la meraviglia del cielo, esso è solo una piccola parte della grandezza di Dio, quel Dio che ha preso tra le braccia vostra figlia. Una figlia che desidera la vostra gioia in questa vita, perché vi ama e vuole solo e ancora il vostro sorriso.
Vivete, non sopravvivete, così la renderete felice!”.
L.C. – Brescia
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