Quella dei santi è la festa più nostra perché ritroviamo tutti i nomi, i volti di tante persone che abbiamo conosciuto: i nostri santi, la parte più bella e più buona e più grande della nostra vita.
Questa festa ci ricorda che tutti siamo chiamati alla santità e ci arriveremo perché siamo fatti nuovi e belli dall’amore del Padre che sempre ci perdona, ci fa nuovi e ci rende beati.
Il vangelo di questa festa è la conosciuta pagina delle beatitudini: per nove volte Gesù ripete quella parola che è il desiderio più profondo del cuore umano: la gioia, la beatitudine, la felicità piena.
Racconta l’evangelista Matteo che attorno a Gesù confluiscono folle dalla Galilea, dalla Giudea e da oltre il Giordano. Significa che il nuovo popolo di Dio si raduna dalle diverse regioni della terra.
Occorre allora avere uno sguardo nuovo verso ogni persona, perché tutti formiamo la famiglia di Dio.
L’insegnamento di Gesù è una nuova Legge, è una parola che fa iniziare i nuovi tempi. Il suo contenuto è il “regno dei cieli”, più esattamente la via o la porta che ad esso vi conduce.
Per Matteo i discepoli ai quali Gesù si rivolge sono la schiera dei fidati, scelti non per le loro qualità, ma perché Gesù è il “Maestro di Dio”. Un Maestro che “si mise a parlare e insegnava loro” (v 2).
In quella folla ci siamo tutti noi con i nostri sogni, le nostre passioni, con il nostro “buon grano”, col nostro essere peccatori infinitamente amati e perdonati, con il nostro essere esagerati perché non ci arrendiamo alla mediocrità, ma amiamo fino all’impossibile in modo da finire espropriati: “non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20).
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