Cari amici,
oggi è necessario unire gli sforzi per raggiungere un’alleanza educativa ampia al fine di formare persone mature, capaci di ricostruire il tessuto relazionale e creare un’umanità più fraterna (cfr. Discorso al Corpo Diplomatico, 9 gennaio 2020).
Educare non è solo trasmettere concetti, questa sarebbe un’eredità dell’illuminismo che bisogna superare, ossia non trasmettere solo concetti, ma è un compito che esige che tutti coloro che ne sono responsabili — famiglia, scuola e istituzioni sociali, culturali, religiose… — vi partecipino in modo solidale. In tal senso, in alcuni paesi si dice che si è rotto il patto educativo perché manca questa partecipazione sociale all’educazione. Per educare bisogna cercare d’integrare il linguaggio della testa con il linguaggio del cuore e il linguaggio delle mani. Che un alunno pensi ciò che sente e ciò che fa, senta ciò che pensa e ciò che fa, faccia ciò che sente e ciò che pensa.
Integrazione totale. Promuovendo l’apprendimento della testa, del cuore e delle mani, l’educazione intellettuale e socio-emozionale, la trasmissione dei valori e delle virtù individuali e sociali, l’insegnamento di una cittadinanza impegnata e solidale con la giustizia, e impartendo le abilità e le conoscenze che formano i giovani per il mondo del lavoro e la società, le famiglie, le scuole e le istituzioni diventano veicoli essenziali per l’empowerment (lett. conferimento di potere) della prossima generazione. Allora sì, non si parla più di un patto educativo rotto. Il patto è questo.
Oggi è in crisi, si è rotto il cosiddetto “patto educativo”; il patto educativo che si crea tra la famiglia, la scuola, la patria e il mondo, la cultura e le culture. Si è rotto e rotto davvero; non si può rincollare o ricomporre. Non si può rammendare, se non attraverso un rinnovato sforzo di generosità e di accordo universale. Patto educativo rotto significa che sia la società, sia la famiglia, sia le diverse istituzioni che sono chiamate ad educare delegano il decisivo compito educativo ad altri, e così le diverse istituzioni di base e gli stessi stati che hanno rinunciato al patto educativo sfuggono a tale responsabilità.
Oggi, siamo chiamati, in qualche modo, a rinnovare e a reintegrare l’impegno di tutti — persone e istituzioni — nell’educazione, per rifare un nuovo patto educativo, perché solo così l’educazione potrà cambiare.
Per questo bisogna integrare le conoscenze, la cultura, lo sport, la scienza, il divertimento e lo svago; per questo bisogna costruire ponti di connessione, superare, permettetemi la parola, superare le “piccolezze” che ci rinchiudono nel nostro piccolo mondo, e andare nel mare aperto globale, rispettando tutte le tradizioni. Le nuove generazioni devono comprendere con chiarezza la propria tradizione e cultura — questo non si negozia, è innegoziabile —, in relazione alle altre, in modo da sviluppare la propria auto-comprensione, affrontando e accettando la diversità e i cambiamenti culturali. Si potrà così promuovere una cultura del dialogo, una cultura dell’incontro e della reciproca comprensione, in modo pacifico, rispettoso e tollerante.
La famiglia ha bisogno di essere valorizzata nel nuovo patto educativo, poiché la sua responsabilità comincia già nel ventre materno, al momento della nascita. Ma le madri, i padri — i nonni — e la famiglia nel suo insieme, nel suo ruolo educativo primario, hanno bisogno di aiuto per comprendere, nel nuovo contesto globale, l’importanza di questo stadio iniziale della vita, ed essere preparati ad agire di conseguenza. Uno dei modi fondamentali per migliorare la qualità dell’educazione a livello scolastico è ottenere una maggiore partecipazione delle famiglie e delle comunità locali ai progetti educativi. E queste sono parte di tale educazione integrale, puntuale e universale.
Desidero, in questo momento, rendere omaggio anche ai docenti — sempre sottopagati — perché dinanzi alla sfida dell’educazione vanno avanti con coraggio e impegno. Sono loro gli “artigiani” delle future generazioni. Con il loro sapere, pazienza e dedizione trasmettono un modo di essere che si trasforma in ricchezza, non materiale, ma immateriale, creano l’uomo e la donna di domani. È una grande responsabilità. Perciò, nel nuovo patto educativo, la funzione dei docenti, come agenti dell’educazione, deve essere riconosciuta e sostenuta con tutti i mezzi possibili.
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