Cosa leggiamo nella parabola del figlio prodigo? Capiamo bene il fervore che Cristo mette nel parlarci di Dio?
“Il figlio era ancora lontano, suo padre lo scorse e fu sconvolto dalla compassione, corse a gettarsi nelle sue braccia e lo abbracciò a lungo”.
E questo vuol dire proprio che, ogni mattina, il padre lo aspettava, e quando lo vide, fu lui, il padre, che corse a gettarsi nelle braccia del figlio.
Per il padre, per Dio, il peccato non esiste poiché è anticipatamente perdonato, non esiste più. Per questo il Padre non ascolta le scuse del figlio, lo interrompe e dice ai servi:
- “presto, portate l’abito più bello, mettetegli l’anello al dito”, – l’anello segno di uguaglianza -,
- mettetegli i sandali ai piedi, – segno di coloro che non lavoravano -,
- portate il vitello grasso”: non si poteva fare i più.
Qui Gesù viene a dirci che, davanti al peccatore, l’ atteggiamento di Dio è quello di uno che è più infelice del peccatore. Al ritorno del figlio il padre appare liberato e pieno di gioia.
Così scopriamo una nuova concezione del peccato. La colpa consiste nell’impedire una presenza totale di Dio nell’uomo, nell’impedire a Dio di amare, impedire a Dio di essere padre, rifiutandoci di essere figli.
E questo per un padre è il dolore più grande!
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