La partecipazione ad un funerale che è, oltre tutto, una squisita opera di misericordia.
Siamo soliti legarvi tanti fiori e talora una raccolta a scopo di bene. Pur nel rispetto per ogni opinione, ci si chiede spesso cosa sia più importante privilegiare.
In tale occasione, anche nelle Chiese, si prega e insieme si raccoglie per aiutare le “opere” Caritas. Ed è provvidenziale! Per questo credo sia sempre più opportuno trovare modo e luogo diversi per altre pur utili raccolte.
Ciò che però risulta più importante è il rito delle esequie (dal latino: “mostrare la propria compiacenza verso qualcuno”“).
Sono un insieme di riti con i quali si onorano i defunti. La Chiesa prega che i suoi figli, incorporati per il Battesimo a Cristo morto e risorto, passino con lui da morte a vita e, debitamente purificati nell’anima, siano accolti con i santi e gli eletti nel cielo, mentre il corpo attende la beata speranza della venuta di Cristo e la risurrezione dei morti.
In genere vi è abbinata la Messa detta “esequiale”.
Può avvenire però che, per motivi pastorali, tale celebrazione non includa la messa.
In tal caso – ad esempio quando il rito delle esequie è presieduto da un diacono – si celebra la liturgia della Parola.
Il rito termina con l’ultima raccomandazione e commiato, che è l’ultimo saluto rivolto dalla comunità cristiana a un suo membro. I cristiani, membri come sono di Cristo e una sola cosa con lui, non possono essere separati neppure dalla morte.
Dopodiché acquista un suo valore il cimitero (dal greco “luogo in cui si dorme”).
Nel Medioevo veniva situato intorno alla Chiesa: i defunti così rimanevano visibilmente legati alla vita della parrocchia.
La vita cittadina oggi obbliga sempre di più a spostare i cimiteri ai confini delle zone abitate, facendo così passare in secondo piano questi legami.
Ogni nostra visita però potrà ancora significare che nulla si è interrotto e far diventare il cimitero un segno di speranza e di fede nella risurrezione.
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