Le beatitudini sono la guida di rotta, di itinerario, sono i navigatori della vita cristiana: proprio qui vediamo, su questa strada, secondo le indicazioni di questo navigatore, come possiamo andare avanti nella nostra vita cristiana.
Luca nel capitolo 6 del suo Vangelo elenca quel «beati, beati, beati, beati tutti, ma alla fine aggiunge qualcosa che Gesù ha detto: i quattro guai.
«Guai a voi ricchi, perché avete avuto la vostra consolazione; guai a voi se siete sazi, perché avrete fame; guai a voi che ridete: piangerete; guai a voi, quando tutti diranno bene di voi: così hanno fatto i vostri antenati con i falsi profeti».
Il primo «guai» riguarda i ricchi. Ho detto tante volte che le ricchezze sono buone e che quello che fa male e che è cattivo è l’attaccamento alle ricchezze, guai!. La ricchezza infatti è un’idolatria: quando io sono attaccato, allora faccio idolatria. Non è certo un caso se la maggior parte degli idoli sono fatti d’oro. E così ci sono quelli che si sentono felici, a loro non manca niente, hanno un cuore soddisfatto, un cuore chiuso, senza orizzonti: ridono, sono sazi, non hanno bisogno di nulla. Ma «“guai a voi” dice il Signore: questa è l’anti-legge, è il navigatore sbagliato.
Il secondo è la vanità, la ricerca che tutti dicano bene di me, tutti parlino bene: mi sento importante, troppo incenso e io alla fine credo di essere giusto come il fariseo della parabola che va a pregare e dice: “Ti ringrazio perché non sono come questo”». E indica un povero pubblicano che stava in fondo e non osava nemmeno alzare gli occhi per quanto si sentiva peccatore e dice: “abbi pieta di me, Signore che sono peccatore!” Tanto che quando siamo presi dalla vanità si finisce persino per dire, e questo accade tutti i giorni, «grazie, Signore, che sono tanto un buon cattolico, non come il vicino, la vicina».
Il terzo è l’orgoglio che è la sazietà, sono le risate che chiudono il cuore.
Con questi tre scalini andiamo alla perdizione perché sono le anti-beatitudini: l’attaccamento alle ricchezze, la vanità e l’orgoglio.
Le beatitudini invece sono il cammino, sono la guida per il cammino che ci porta al regno di Dio. Tra tutte però c’è una che, non dico sia la chiave, ma ci fa pensare tanto: “Beati i miti”». Proprio la mitezza. Gesù dice di se stesso: imparate da me che sono mite di cuore, che sono umile e mite di cuore. Dunque la mitezza è un modo di essere che ci avvicina tanto a Gesù. Invece l’atteggiamento contrario procura sempre le inimicizie, le guerre e tante cose brutte che succedono. Ma la mitezza di cuore non va scambiata per sciocchezza: no, è un’altra cosa, è la profondità nel capire la grandezza di Dio, e adorazione.
Dall’ omelia di papa Francesco a Santa Marta 06.06.2016
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