Il rapporto tra noi Vescovi e i nostri sacerdoti rappresenta, indiscutibilmente, una delle questioni più vitali nella vita della Chiesa, è la spina dorsale su cui si regge la comunità diocesana. Cito le parole sagge di Sua Eminenza il Cardinale Bassetti quando scrisse: «Se si dovesse incrinare questo rapporto tutto il corpo ne risulterebbe indebolito. E lo stesso messaggio finirebbe per affievolirsi».
Il Vescovo è il pastore, il segno di unità per l’intera Chiesa diocesana, il padre e la guida per i propri sacerdoti e per tutta la comunità dei credenti; egli ha il compito inderogabile di curare in primis e attentamente il suo rapporto con i suoi sacerdoti. (…).
Il Concilio Vaticano II ci insegna che i presbiteri costituiscono con il loro vescovo un unico presbiterio, sebbene destinati a uffici diversi (cfr Cost. LG, 28). Ciò significa che non esiste Vescovo senza il suo presbiterio e, a sua volta, non esiste presbiterio senza un rapporto sano cum episcopo. Anche il Decreto conciliare ChD afferma: «Tutti i sacerdoti, sia diocesani sia religiosi, in unione con il Vescovo partecipano all’unico sacerdozio di Cristo e perciò sono costituiti provvidenziali cooperatori dell’ordine episcopale. […] Perciò essi costituiscono un solo presbiterio e una sola famiglia, di cui il Vescovo è il padre» (n. 28).
Il rapporto solido tra il Vescovo e i suoi sacerdoti si basa sull’amore incondizionato testimoniato da Gesù sulla croce, che rappresenta l’unica vera regola di comportamento per i Vescovi e i sacerdoti. In realtà, i sacerdoti sono i nostri più prossimi collaboratori e fratelli. Sono il prossimo più prossimo! Si basa anche sul rispetto reciproco che manifesta la fedeltà a Cristo, l’amore alla Chiesa, l’adesione alla Buona Novella. La comunione gerarchica, in verità, crolla quando viene infettata da qualsiasi forma di potere o di autogratificazione personale; ma, all’opposto, si fortifica e cresce quando viene abbracciata dallo spirito di totale abbandono e di servizio al popolo di Dio.
Noi Vescovi abbiamo il dovere di presenza e di vicinanza al popolo cristiano, ma in particolare ai nostri sacerdoti, senza discriminazione e senza preferenze. Un pastore vero vive in mezzo al suo gregge e ai suoi presbiteri, e sa come ascoltare e accogliere tutti senza pregiudizi.
Non dobbiamo cadere nella tentazione di avvicinare solo i sacerdoti simpatici o adulatori e di evitare coloro che secondo il vescovo sono antipatici e schietti; di consegnare tutte le responsabilità ai sacerdoti disponibili o “arrampicatori” e di scoraggiare i sacerdoti introversi o miti o timidi, oppure problematici. Essere padre di tutti i propri sacerdoti; interessarsi e cercare tutti; visitare tutti; saper sempre trovare tempo per ascoltare ogni volta che qualcuno lo domanda o ne ha necessità; far sì che ciascuno si senta stimato e incoraggiato dal suo Vescovo. Per essere pratico: se il vescovo riceve la chiamata di un sacerdote, risponda in giornata, al massimo il giorno dopo, così quel sacerdote saprà che ha un padre.
Cari confratelli, i nostri sacerdoti si sentono continuamente sotto attacco mediatico e spesso ridicolizzati oppure condannati a causa di alcuni errori o reati di alcuni loro colleghi, e hanno vivo bisogno di trovare nel loro Vescovo la figura del fratello maggiore e del padre che li incoraggia nei periodi difficili; li stimola alla crescita spirituale e umana; li rincuora nei momenti di fallimento; li corregge con amore quando sbagliano; li consola quando si sentono soli; li risolleva quando cadono. Ciò richiede, prima di tutto, vicinanza ai nostri sacerdoti, che hanno bisogno di trovare la porta del Vescovo e il suo cuore sempre aperti. Richiede di essere Vescovo-padre, Vescovo-fratello!
Papa Francesco ai Vescovi Italiani 20.05.2019