Andare a confessarsi non è andare in tintoria perché mi tolgano una macchia. No, è un’altra cosa. Pensiamo bene a cos’è. Le espressioni che spiega questo sacramento, questo mistero sono: “abbandonarsi all’Amore”; “lasciarsi trasformare dall’Amore”; “corrispondere all’Amore”.
Abbandonarsi all’Amore significa compiere un vero atto di fede.
La fede non può mai essere ridotta a un elenco di concetti o a una serie di affermazioni da credere. La fede si esprime e si comprende dentro una relazione: la relazione tra Dio e l’uomo e tra l’uomo e Dio, secondo la logica della chiamata e della risposta: Dio chiama e l’uomo risponde. È vero anche l’inverso: noi chiamiamo Dio quando abbiamo bisogno, e Lui risponde sempre. La fede è l’incontro con la Misericordia, con Dio stesso che è Misericordia – il nome di Dio è Misericordia – ed è l’abbandono tra le braccia di questo Amore, misterioso e generoso, di cui tanto abbiamo bisogno, ma al quale, a volte, si ha paura ad abbandonarsi.
L’esperienza insegna che chi non si abbandona all’amore di Dio finisce, prima o poi, per abbandonarsi ad altro, finendo “tra le braccia” della mentalità mondana, che alla fine porta amarezza, tristezza e solitudine, e non guarisce. Allora il primo passo per una buona Confessione è proprio l’atto di fede, di abbandono, con il quale il penitente si accosta alla Misericordia.
Vivere così la Confessione significa
lasciarsi trasformare dall’Amore.
Sappiamo bene che non sono le leggi a salvare, basta leggere il capitolo 23 di Matteo: l’individuo non cambia per un’arida serie di precetti, ma per il fascino dell’Amore percepito e gratuitamente offerto. È l’Amore che si è manifestato pienamente in Gesù Cristo e nella sua morte in croce per noi.
Così l’Amore, che è Dio stesso, si è reso visibile agli uomini, in un modo prima impensabile, totalmente nuovo e perciò capace di rinnovare tutte le cose. Il penitente che incontra, nel colloquio sacramentale, un raggio di questo Amore accogliente, si lascia trasformare dall’Amore, dalla Grazia, iniziando a vivere quella trasformazione del cuore di pietra in cuore di carne, che è una trasformazione che si dà in ogni confessione. Anche nella vita affettiva è così: si cambia per l’incontro con un grande amore.
Corrispondere all’Amore.
L’abbandono e il lasciarsi trasformare dall’Amore hanno come necessaria conseguenza una corrispondenza all’amore ricevuto. Il cristiano ha sempre presente quella parola di San Giacomo: «Mostrami la tua fede senza le opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede» (2,18). La reale volontà di conversione diventa concreta nella corrispondenza all’amore di Dio ricevuto e accolto. Si tratta di una corrispondenza che si manifesta nel cambiamento della vita e nelle opere di misericordia che ne conseguono. Chi è stato accolto dall’Amore, non può non accogliere il fratello. Chi si è abbandonato all’Amore, non può con consolare gli afflitti. Chi è stato perdonato da Dio, non può non perdonare di cuore ai fratelli.
Se è vero che noi non potremo mai corrispondere pienamente all’Amore divino, per la differenza incolmabile tra il Creatore e le creature, è altrettanto vero che Dio ci indica un amore possibile, nel quale vivere tale impossibile corrispondenza: l’amore per il fratello. È l’amore per il fratello il luogo della corrispondenza reale all’amore di Dio: amando i fratelli mostriamo a noi stessi, al mondo e a Dio di amare davvero Lui e corrispondiamo, sempre in modo inadeguato, alla sua misericordia.
Papa Francesco ai partecipanti al corso sul foro interno 12.03.2021