Dobbiamo, per questo, vigilare su noi stessi e imparare a condurre una vecchiaia attiva anche dal punto di vista spirituale, coltivando la nostra vita interiore attraverso la lettura assidua della Parola di Dio, la preghiera quotidiana, la consuetudine con i Sacramenti e la partecipazione alla Liturgia.
E, insieme alla relazione con Dio, le relazioni con gli altri: anzitutto la famiglia, i figli, i nipoti, ai quali offrire il nostro affetto pieno di premure; come pure le persone povere e sofferenti, alle quali farsi prossimi con l’aiuto concreto e con la preghiera.
Tutto questo ci aiuterà a non sentirci meri spettatori nel teatro del mondo, a non limitarci a “ balconear”, a stare alla finestra.
Affinando invece i nostri sensi a riconoscere la presenza del Signore, saremo come “olivi verdeggianti nella casa di Dio” (cfr Sal 52,10), potremo essere benedizione per chi vive accanto a noi.
La vecchiaia non è un tempo inutile in cui farci da parte tirando i remi in barca, ma una stagione in cui portare ancora frutti: c’è una missione nuova che ci attende e ci invita a rivolgere lo sguardo al futuro.
«La speciale sensibilità di noi vecchi, dell’età anziana per le attenzioni, i pensieri e gli affetti che ci rendono umani, dovrebbe ridiventare una vocazione di tanti. E sarà una scelta d’amore degli anziani verso le nuove generazioni» (Udienza 16 marzo 2022 ) .
È il nostro contributo alla rivoluzione della tenerezza (Udienza 16 marzo 2022 ), una rivoluzione spirituale e disarmata di cui invito voi, cari nonni e anziani, a diventare protagonisti.
Il mondo vive un tempo di dura prova, segnato prima dalla tempesta inaspettata e furiosa della pandemia, poi da una guerra che ferisce la pace e lo sviluppo su scala mondiale.
Non è casuale che la guerra sia tornata in Europa nel momento in cui la generazione che l’ha vissuta nel secolo scorso sta scomparendo.
E queste grandi crisi rischiano di renderci insensibili al fatto che ci sono altre “epidemie” e altre forme diffuse di violenza che minacciano la famiglia umana e la nostra casa comune.
Di fronte a tutto ciò, abbiamo bisogno di un cambiamento profondo, di una conversione, che smilitarizzi i cuori, permettendo a ciascuno di riconoscere nell’altro un fratello.
E noi, nonni e anziani, abbiamo una grande responsabilità: insegnare alle donne e gli uomini del nostro tempo a vedere gli altri con lo stesso sguardo comprensivo e tenero che rivolgiamo ai nostri nipoti.
Abbiamo affinato la nostra umanità nel prenderci cura del prossimo e oggi possiamo essere maestri di un modo di vivere pacifico e attento ai più deboli. La nostra, forse, potrà essere scambiata per debolezza o remissività, ma saranno i miti, non gli aggressivi e i prevaricatori, a ereditare la terra (cfr Mt 5,5).
Uno dei frutti che siamo chiamati a portare è quello di custodire il mondo.
«Siamo passati tutti dalle ginocchia dei nonni, che ci hanno tenuti in braccio» [Omelia nella Messa per la I Giornata Mondiale dei Nonni e degli Anziani (25 luglio 2021)]; ma oggi è il tempo di tenere sulle nostre ginocchia – con l’aiuto concreto o anche solo con la preghiera –, insieme ai nostri, quei tanti nipoti impauriti che non abbiamo ancora conosciuto e che magari fuggono dalla guerra o soffrono per essa. Custodiamo nel nostro cuore – come faceva San Giuseppe, padre tenero e premuroso – i piccoli dell’Ucraina, dell’Afghanistan, del Sud Sudan…
Molti di noi hanno maturato una saggia e umile consapevolezza, di cui il mondo ha tanto bisogno: non ci si salva da soli, la felicità è un pane che si mangia insieme. Testimoniamolo a coloro che si illudono di trovare realizzazione personale e successo nella contrapposizione. Tutti, anche i più deboli, possono farlo: il nostro stesso lasciarci accudire – spesso da persone che provengono da altri Paesi – è un modo per dire che vivere insieme non solo è possibile, ma necessario.
Care nonne e cari nonni, care anziane e cari anziani, in questo nostro mondo siamo chiamati ad essere artefici della rivoluzione della tenerezza! Facciamolo, imparando a utilizzare sempre di più e sempre meglio lo strumento più prezioso che abbiamo, e che è il più appropriato alla nostra età: quello della preghiera. «Diventiamo anche noi un po’ poeti della preghiera: prendiamo gusto a cercare parole nostre, riappropriamoci di quelle che ci insegna la Parola di Dio» (Udienza 11 marzo 2015) . La nostra invocazione fiduciosa può fare molto: può accompagnare il grido di dolore di chi soffre e può contribuire a cambiare i cuori. Possiamo essere «la “corale” permanente di un grande santuario spirituale, dove la preghiera di supplica e il canto di lode sostengono la comunità che lavora e lotta nel campo della vita» (Udienza 11 marzo 2015) .
Dal Messaggio di Papa Francesco per la 2^Giornata Mondiale dei nonni e degli anziani 2022