Io sono sempre connesso

Io sono sempre connesso

Pubblicato da Stefano, Con 0 Commenti, Categoria: Articoli,

Sono presente a un importante incontro con un gruppo ristretto e qualificato.

Suona un cellulare e la persona si alza in piedi ed esce per rispondere. È subito connesso con qualcuno lontano. Pensavo fosse connesso con noi in sala.

Un altro controlla la posta sullo smartphone, un altro ancora chatta. Che bello, siamo finalmente tutti permanentemente connessi. Siamo connessi sempre con persone o con fatti lontani, reali o fantastici (come i videogiochi) che essi siano.

Per essere connessi con i lontani occorre naturalmente essere sconnessi con i vicini, anche se a volte si tenta disperatamente la bilocazione, fenomeno mistico riservato a pochi eletti (i quali tra l’altro, pur essendo contemporaneamente in due luoghi diversi, agiscono soltanto in uno di essi!).

È normale per tanti chattare fino alle tre di notte. I risultati si vedono al mattino sul lavoro o a scuola: la sconnessione dopo la connessione continua; sconnessione proprio nel senso di mancanza di nesso: fuori di testa, fino a forme di dipendenza peggiori dell’alcool e della droga.   Uno strumento nato per favorire i rapporti finisce col deteriorarli e creare il vuoto attorno.

Una forma di connessione permanente esisteva già prima di Internet.

I mistici e i maestri   spirituali la chiamavano: “stare alla presenza di Dio”.

Non avveniva grazie a       strumenti tecnici sofisticati, ma a un esercizio di raccoglimento, di unificazione interiore per liberare dalla schiavitù delle mille cose che tirano da ogni parte e lacerano l’unità interiore.

Ci si sentiva alla sua presenza e lo si sentiva presente. Avveniva anche un invio continuo di sms, che allora si chiamavano “giaculatorie”, letteralmente “frecciate” che partivano dal cuore e dicevano a Dio, con la fantasia dell’amore, le parole più belle, le confidenze più intime. Si giungeva perfino a chattare, in un dialogo costante con lui.

Il risultato non era l’estraneazione dal reale, ma la capacità di svolgere il proprio lavoro, di rapportarsi con gli altri, di compiere ogni azione come fosse la cosa importante, con una presenza di sé che sapeva gustare la vita e che a tutto dava valore.

È il tipo di connessione permanente che vorrei raggiungere.

 

Fabio Ciardi

Città Nuova – n. 12 – 2014

 

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