L’uomo guarda l’uomo e il popolo l’altro popolo – 2

L’uomo guarda l’uomo e il popolo l’altro popolo – 2

Pubblicato da Stefano, Con 0 Commenti, Categoria: Articoli,

I santi videro sempre chiaro su questo punto. Sono infatti arrivati al vertice della perfezione perché hanno amato il prossimo.

E uomini vicinissimi al cristianesimo non poterono avere visione diversa. Molto bello quanto Gandhi afferma nel suo libro Antiche come le montagne: «… se amiamo coloro che ci amano questa non è non violenza. Non violenza è amare coloro che ci odiano. So quanto sia difficile seguire questa sublime legge dell’amore. Ma le cose grandi e buone non sono tutte difficili? L’amore per il nemico è la più difficile di tutte. Ma con la grazia di Dio anche questa cosa difficilissima diventa facile a farsi, se lo vogliamo…» . «… La regola d’oro è di essere amici del mondo e di considerare una tutta la famiglia umana. Chi distingue tra i fedeli della propria religione e quelli di un’altra, diseduca i membri della propria e apre la via al rifiuto e all’irreligione» .

Se oggi anche il pensiero di chi non crede in Dio, incide molto su popoli giovani e spesso inesperti, è perché presenta un certo quale amore verso gli uomini. Certamente vale per questi la parola della Populorum progressio: umanesimo sì, ma «aperto verso l’Assoluto» . Altrimenti, ammonirebbe l’Apostolo: «A niente giova» .

Molto opportunamente Paolo VI precisa: «Il precetto della carità contiene in sé sviluppi potenziali che nessuna filantropia, che nessuna sociologia potrà mai eguagliare». Ed esaminando la nostra carità, continua: «La carità è ancora contratta e racchiusa entro confini di costumi, di interessi, di egoismi che dovranno, noi crediamo, esser dilatati» .

Vien logico allora trarre una conclusione: è urgente trasformare tutti i nostri rapporti coi fratelli, genitori, parenti, colleghi, conoscenti, uomini di tutto il mondo in rapporti cristiani.

E, spinti e illuminati dall’amore, dar origine ad opere individuali e sociali, ricordando che, se un bicchier d’acqua avrà la ricompensa, un ospedale, una scuola, un orfanotrofio, un istituto di rieducazione e così via, fatti come mezzi per esprimere la nostra carità, ci prepareranno ad un esame finale della vita brillante.

Dio infatti ci chiederà:

«Avevo fame nel tuo marito, nei tuoi figli, come nelle popolazioni dell’India e tu, vedendo me in essi, mi hai dato da mangiare».

«Avevo sete, ero ignudo nei tuoi piccoli ogni mattina, come nei tuoi fratelli di molte nazioni, in cui le condizioni di vita erano disumane, e tu, vedendo sempre me in tutti, mi hai rivestito con quanto avevi».

«Ero orfano, affamato, malato nel bimbo del tuo quartiere come nelle popolazioni travolte da cataclismi, e tu hai fatto ogni sforzo per soccorrermi».

«Hai sopportato la suocera o la moglie nervosa, come i tuoi operai minacciosi o il tuo datore di lavoro ancor poco comprensivo, perché sei convinto che una perfetta giustizia sociale non ci sarà se non fiorita da una carità sociale; e questo l’hai fatto perché hai visto me in tutti».

«Hai visitato il parente carcerato, hai pregato e portato un possibile soccorso a coloro che vivono oppressi e “violentati nell’intimo dello spirito”…».

Allora noi, attoniti, lasceremo uscire dal nostro labbro una sola parola: grazie. Grazie, mio Dio, di averci aperto in terra una via, la direttissima, la più breve per giungere presto e dritti alla celeste destinazione.

 

Chiara Lubich in Si,si,no,no  (1973) – 2^ parte

 

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