Missione è dare voce all’amore fedele di Dio, è annunciare che il Signore ci vuole bene e che non si stancherà mai di me, di te, di noi e di questo nostro mondo, del quale forse noi ci stanchiamo; donare ciò che abbiamo ricevuto; compiere il mandato di Gesù: «Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli» (Mt 28,19).
La missione chiede di partire.
Nella vita è forte la tentazione di restare, di non prendere rischi, di accontentarsi di avere la situazione sotto controllo. È più facile rimanere a casa, circondati da chi ci vuol bene, ma non è la via di Gesù.
Egli invia: “Andate”. Non usa mezze misure. Non autorizza trasferte ridotte o viaggi rimborsati, ma dice ai suoi discepoli, a tutti i suoi discepoli una parola sola: “Andate!”. Andate: una chiamata forte che risuona in ogni anfratto della vita cristiana; un invito chiaro a essere sempre in uscita, pellegrini nel mondo alla ricerca del fratello che ancora non conosce la gioia dell’amore di Dio.
Come si fa per andare?
Bisogna essere agili, non si possono portar dietro tutte le suppellettili di casa. La Bibbia lo insegna: quando Dio liberò il popolo eletto, lo fece andare nel deserto col solo bagaglio della fiducia in Lui. E fattosi uomo, camminò Egli stesso in povertà, senza avere dove posare il capo (cfr Lc 9,58). Lo stesso stile domanda ai suoi. Per andare bisogna essere leggeri.
Per annunciare bisogna rinunciare. Solo una Chiesa che rinuncia al mondo annuncia bene il Signore. Solo una Chiesa svincolata da potere e denaro, libera da trionfalismi e clericalismi testimonia in modo credibile che Cristo libera l’uomo.
E chi, per suo amore, impara a rinunciare alle cose che passano, abbraccia questo grande tesoro: la libertà. Non resta più imbrigliato nei propri attaccamenti, che sempre reclamano qualcosa di più ma non danno mai la pace, e sente che il cuore si dilata, senza inquietudini, disponibile per Dio e per i fratelli.
Il Signore non dice: “vai tu, poi tu, poi tu…”, ma “andate”, insieme!
Pienamente missionario non è chi va da solo, ma chi cammina insieme. Camminare insieme è un’arte da imparare sempre, ogni giorno.
Bisogna stare attenti, ad esempio, a non dettare il passo agli altri. Occorre piuttosto accompagnare e attendere, ricordando che il cammino dell’altro non è identico al mio. Come nella vita nessuno ha il passo esattamente uguale a un altro, così anche nella fede e nella missione: si va avanti insieme, senza isolarsi e senza imporre il proprio senso di marcia; si va avanti uniti, come Chiesa, coi Pastori, con tutti i fratelli, senza fughe in avanti e senza lamentarsi di chi ha il passo più lento.
Siamo pellegrini che, accompagnati dai fratelli, accompagnano altri fratelli, ed è bene farlo personalmente, con cura e rispetto per il cammino di ciascuno e senza forzare la crescita di nessuno, perché la risposta a Dio matura solo nella libertà autentica e sincera.
«Fate discepoli»
Ecco la missione. Non dice: conquistate, occupate, ma “fate discepoli”, cioè condividete con gli altri il dono che avete ricevuto, l’incontro d’amore che vi ha cambiato la vita. È il cuore della missione: testimoniare che Dio ci ama e che con Lui è possibile l’amore vero, quello che porta a donare la vita ovunque, in famiglia, al lavoro, da consacrati e da sposati. Missione è tornare discepoli con i nuovi discepoli di Gesù. È riscoprirsi parte di una Chiesa che è discepola. Certo, la Chiesa è maestra, ma non può essere maestra se prima non è discepola, così come non può esser madre se prima non è figlia. Ecco la nostra Madre: una Chiesa umile, figlia del Padre e discepola del Maestro, felice di essere sorella dell’umanità. E questa dinamica del discepolato – il discepolo che fa discepoli – è totalmente diversa dalla dinamica del proselitismo. Qui sta la forza dell’annuncio, perché il mondo creda. Non contano gli argomenti che convincono, ma la vita che attrae; non la capacità di imporsi, ma il coraggio di servire.
«Andate e fate discepoli tutti i popoli».
E quando Gesù dice tutti sembra voler sottolineare che nel suo cuore c’è posto per ogni popolo. Nessuno è escluso. Come i figli per un padre e una madre: anche se sono tanti, grandi e piccini, ciascuno è amato con tutto il cuore. Perché l’amore, donandosi, non diminuisce, aumenta. Ed è sempre speranzoso. Come i genitori, che non vedono prima di tutto i difetti e le mancanze dei figli, ma i figli stessi, e in questa luce accolgono i loro problemi e le loro difficoltà, così fanno i missionari con i popoli amati da Dio. Non mettono in prima fila gli aspetti negativi e le cose da cambiare, ma “vedono col cuore”, con uno sguardo che apprezza, un approccio che rispetta, una fiducia che pazienta.
Papa Francesco al Cammino Neocatecumenale 05 maggio 2018
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