È la domenica nella quale viviamo come comunità l’apertura dell’anno catechistico e pastorale: una Messa bella, animata e festosa. Si respira aria di famiglia e di cordialità. Finita la Messa, tanti si fermano in chiesa: è l’occasione per un saluto, una stretta di mano, due parole di condivisione. Si crea un po’ di allegra confusione. La cosa a me piace molto: è segno di una comunità che ha il gusto di voler stare assieme.
Non è dello stesso parere una signora che collabora nel tenere in ordine e pulita la chiesa e la sacrestia. Tutta indispettita mi viene incontro: “Don Stefano, dica qualcosa: siamo in chiesa, non è un mercato!”. Di getto le dico: “Ma non vede che bello… la gente non scappa finita la Messa ma sta insieme!”. Mi rendo conto però che la mia risposta l’ha ferita. E se ne va via piuttosto sulle sue.
Il giorno dopo mi riprometto di andarla a trovare: mi pesa il fatto che qualcuno si arrabbi per queste cose. Lei però mi anticipa e me la trovo in chiesa a sistemare i fiori. Vado da lei per chiederle scusa se il mio atteggiamento l’ha ferita. Con mia grande sorpresa mi anticipa: “Don Stefano, porti pazienza per il mio carattere impulsivo. Non sono arrabbiata con lei. Tornando a casa ieri ho pensato a quella battuta che mi ha fatto. È proprio vero: la gente era contenta e aveva voglia di condividere la gioia”. (Stefano M.)
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