Ci hanno ripetuto che i giovani sono cinici, disillusi, emotivamente fragili. Ci hanno spiegato che vagano, disorientati, in un universo dove i valori si confondono l’uno con l’altro (per colpa degli adulti). E tutti noi ci abbiamo creduto: in fondo, le statistiche parlano chiaro, così come gli sguardi vacui di alcuni ragazzi che capita di incrociare uscendo di casa.
Poi, però, succede di imbattersi in una 26enne come Chiara Basile Fasolo: attrice di professione assurta a idolo degli adolescenti dopo la sua interpretazione in Braccialetti rossi 3, Chiara è quanto di più lontano possa esserci dai cliché sui giovani under 30.
Ecco come risponde ad alcune domande.
Partiamo dall’inizio: lei è stata premiata con il riconoscimento intitolato a Giovanni Paolo II. Che rapporto aveva con Wojtyla?
«Essendo nata nel 1991, ho potuto vivere solo l’ultimo decennio del suo pontificato: peccato, perché è stato un grande Papa, che amava la vita e i giovani! Personalmente non l’ho mai visto solo come un’istituzione: per me era più come un nonno buono, molto amorevole, che mi abbracciava con le sue parole ma che, al contempo, mi ispirava con la sua forza di volontà. Papa Wojtyla ha sempre lottato per portare a termine il grande compito che gli era stato affidato: si è ripreso quando gli hanno sparato, ha perdonato, è andato avanti, senza mai mollare, persino durante la malattia. È un uomo che non è mai sceso a compromessi ed è quello che anch’io cerco di fare nella vita, pur nelle difficoltà».
Non deve essere semplice in un ambiente come il mondo dello spettacolo…
«Mi è capitato di non accettare alcune proposte proprio perché non le ritenevo indicate per il mio percorso artistico e, soprattutto, umano. Per esempio, alcuni anni fa mi offrirono un ruolo molto importante in un film internazionale, ma il copione prevedeva che il mio personaggio bestemmiasse: non mi sono nemmeno presentata al provino! È una questione di rispetto, oltre che di etica e di morale».
Lei è molto giovane: cosa desidera per il proprio futuro?
«Vorrei realizzarmi nella carriera, come sto facendo, ma soprattutto vorrei dare vita a una bella famiglia».
Un desiderio inusuale, questo, per un’attrice giovanissima e in ascesa…
«Lo so che suona come una follia, soprattutto se detto da una 26enne! Tuttavia io vengo da una bella famiglia: i mie genitori stanno insieme da anni, tutti i mie zii sono felicemente sposati e… io desidero lo stesso per me! Quindi va bene la scelta artistica, ma senza mai rinunciare ai valori: se li accantoni, la vita perde di significato. (…) ».
Lei è legata sentimentalmente a un ragazzo?
«Sì e anche lui desidera costruire una famiglia e avere dei figli. Il tutto non appena saremo stabili economicamente».
Nel frattempo state valutando un periodo di convivenza?
«La convivenza non serve perché, quando stai con una persona da diversi anni, la conosci già, anche senza viverci insieme! Inoltre ho sempre pensato il matrimonio come un punto di partenza, non di arrivo: due persone, ognuna con le proprie caratteristiche e limiti, dichiarano tutto il loro amore davanti a Dio ma anche davanti alle persone alle quali vogliono bene e, da quel momento, iniziano un cammino insieme. È come se (mi passi la metafora artistica!) il fidanzamento fosse una prova generale, ma è con il matrimonio che si parte per la tournée: se le prove vanno bene, si va in scena, proseguendo in una vita insieme!».
Mi perdoni, ma cosa le ha permesso di arrivare a 26 anni così, ossia totalmente immune al cinismo della sua generazione?
«È vero: in giro c’è tanta disillusione, molti ragazzi si perdono e non hanno degli obiettivi. Però, se dentro di noi splende il sole, il cinismo non può contagiarci. Probabilmente una delle cose che mi ha salvato è aver trascorso molto tempo della mia infanzia all’aria aperta, con gli animali, immersa nella natura. Dovunque andrò, so di avere due punti fermi: la mia famiglia e la natura».
Il suo lavoro la porta a viaggiare molto per il mondo: ha un punto di riferimento spirituale, che l’aiuta a mantenere la barra dritta?
«Sono spesso in giro per l’Italia quindi, se da piccola avevo come punto di riferimento la parrocchia, ora è più difficile. Tuttavia, appena posso, vado ad Assisi: dall’età di 15 anni mi sento molto vicina a san Francesco e in alcuni particolari momenti l’ho sentito presente nella mia vita, anche di recente. È difficile da spiegare. A volte penso che non sia nemmeno un caso che io mi chiami Chiara».
Testo adattato di Francesca D’Angelo in “Credere” del 31.07.2017
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