Il mese scorso un mio amico della Comunità di Sant’Egidio, mi ha chiesto di andare a prendere, per riportarli a Milano, due ragazzini Rom di ritorno dalla colonia estiva con la parrocchia di Sant’Antonio Abate di Valmadrera.
Sant’Egidio conosce queste famiglie e tante altre dai tempi delle baracche e degli sgomberi. Ho acconsentito volentieri, anche spinta da una certa curiosità. Per questi due ragazzini la settimana in montagna offerta dall’oratorio è l’unica vacanza possibile perché le loro famiglie devono sostenere spese ben più importanti. I responsabili mi dicono che Silvio e Fernando si sono comportati bene e che la vacanza è stata molto positiva. I ragazzini non stanno zitti un attimo e raccontano molto di giochi, camminate, scherzi, amici simpatici ma anche qualcuno che ha fatto domande indiscrete. Hanno deciso subito di mettere le loro risorse in comune, soldi e cibo, mentre altri, che hanno parecchio di più, si mostrano meno generosi.
Davanti al portone della casa di Silvio, ci aspettano i genitori di Fernando che abitano in provincia di Cremona. la mamma, che ha chiesto un giorno di ferie, è in giro dal mattino presto per via della scarsità di pullman. Il padre è appena rientrato da Varese dove ha trovato “un lavoro che molti non vogliono fare”, cioè la bonifica di un’area contaminata dall’amianto. Mi ringraziano mille volte. Vivono e lavorano nel nostro paese, i loro figli frequentano le nostre scuole, ma sanno di essere dei Rom e si sentono in colpa per avermi disturbata. A sentirmi in colpa però sono io perché appartengo a una società che, invece di praticare politiche di inclusione, mette in discussione la legittimità della difesa dei diritti umani e perché vivo in un Paese in cui la perdita di speranza si è tradotta in perdita di umanità, un paese che dovrebbe “aver vergogna di aver perso la vergogna”.
(Patrizia Gianotti, tratto da Famiglia Cristiana)