“Spetta ai sacerdoti, nella loro qualità di educatori nella fede, di curare, per proprio conto o per mezzo di altri, che ciascuno dei fedeli sia condotto nello Spirito Santo a sviluppare la propria vocazione personale secondo il Vangelo, a praticare una carità sincera e attiva, ad esercitare quella libertà con cui Cristo ci ha liberati. (Gal 4,3; 5,1 e 13).
Di ben poca utilità saranno le cerimonie più belle o le associazioni più fiorenti, se non sono volte ad educare gli uomini alla maturità cristiana. S. Girolamo commenta: “Che utilità c’è se le pareti risplendono di gemme e Cristo è in pericolo nei poveri per la fame?” (Epist., 58, 7).
Per promuovere tale maturità, i presbiteri sapranno aiutarli a diventare capaci di leggere negli avvenimenti stessi – siano essi di grande o di minore portata – quali siano le esigenze naturali e la volontà di Dio (1 Pt 4,10ss).
I cristiani inoltre devono essere educati a non vivere egoisticamente ma secondo le esigenze della nuova legge della carità, la quale vuole che ciascuno amministri in favore del prossimo la misura di grazia che ha ricevuto e che in tal modo tutti assolvano cristianamente propri compiti nella comunità umana.
Ma, anche se sono tenuti a servire tutti, ai presbiteri sono affidati in modo speciale i poveri e i più deboli, ai quali lo stesso Signore volle dimostrarsi particolarmente unito (Mt 25,34-45) e la cui evangelizzazione è presentata come segno dell’opera messianica (Lc 4,18).
Anche i giovani vanno seguiti con cura particolare, e così pure i coniugi e i genitori; è auspicabile che tali persone si riuniscano amichevolmente in gruppo, per potersi aiutare a vicenda a vivere più pienamente come cristiani nelle circostanze spesso difficili in cui si trovano”.
Dal documento del Concilio Vaticano II°
“Perbyterorum Ordinis” (Sull’Ordine dei Presbiteri)
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