17.05.2020 – 6^ di Pasqua: Tre indicazioni dai discepoli di Emmaus
, Con 0 Commenti, Categoria: Editoriali, Liturgia,I due discepoli se ne tornano a casa col volto triste e con l’amarezza nel cuore, dopo gli eventi della morte di colui che credevano essere il Messia. Gesù semplicemente si affianca e cammina con loro. Come un pedagogo che
Accompagna i passi lenti della loro storia ferita, Egli li mette nelle condizioni di portare alla luce la propria angoscia;
Non prende l’iniziativa, non li atterrisce con una presenza invadente, ma semplicemente apre i loro sensi e i loro occhi.
Solo dopo, con la spada a doppio taglio della Scrittura, entra nelle crepe del loro racconto portandovi luce e spiegandone il senso.
E solo quando il tratto di strada fatto è già un bel po’, spezza il pane per loro.
Vi colgo un insegnamento evangelico e teologico importante: Il culto comprende la vita oppure non è.
Immersi nella vita del Cristo e avendo ricevuto il dono dello Spirito, noi possiamo vivere l’esperienza dell’incontro e dell’amicizia con Lui.
Qui comprendiamo la sostanziale differenza della fede cristiana: non si tratta di una morale, di un’etica, di una filosofia, neanche di una pratica cultuale ma, come affermava Ratzinger, «del sorgere di una relazione».
La relazione implica la totalità della vita:
Mente e il cuore,
Parole e il silenzio,
Lavoro e la contemplazione,
Domenica e giorni feriali,
Preghiera esplicita e quella che si esprime nelle lotte e nelle speranze di ogni giorno: il Tempio ecclesiale è espressione incarnata di quel Tempio di Dio che, anzitutto, siamo ciascuno di noi.
Se l’incontro non avviene nelle amarezze e nelle gioie della vita, come per i discepoli di Emmaus, a niente vale moltiplicare i riti. Luca ci propone il Dio che cammina con noi, che trasforma la vita in liturgia perché la liturgia si trasformi in vita: sono per primi i discepoli a essere “presi” nella loro amarezza, in qualche modo “spezzati” nella loro stoltezza e durezza di cuore, benedetti dal fuoco della Parola e, nutriti dal pane, offerti per l’annuncio del Vangelo e la causa del Regno.
La liturgia che Gesù presiede parte dalla vita, raccoglie la vita, trasforma la vita, così da permettere ai due di reintepretare la vicenda e invertire la rotta, tornando a Gerusalemme. Dunque, il culto cristiano non è sinonimo di “messa domenicale”. L’eucaristia è fonte e culmine, cioè genera, nutre ed esprime pubblicamente il culto cristiano, ma essere cristiano significa
Adorare il Padre in spirito e verità,
Essere Tempio vivo di Cristo,
Mettere al centro l’uomo invece che la sterile osservanza del precetto,
Vivere una relazione con Dio che integri la totalità della vita.
Una liturgia dalla vita e per le vita.
(1 maggio 2020 – Francesco Cosentino in Settimananews)
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