Un incontro con il dramma dell’immigrazione visto dal punto di vista dei bambini.
È stato soprattutto questo il momento vissuto da Papa Francesco con 500 giovanissimi di varie etnie e religioni giunti in Vaticano dalla Calabria con il “Treno dei bambini”, l’annuale iniziativa organizzata dal Pontificio Consiglio della Cultura, quest’anno con il titolo “Portati dalle onde”.
Un evento completamente dedicato ai piccoli migranti che hanno voluto raccontare al Pontefice le loro storie come Sayende, un ragazzino della Nigeria che ha domandato preghiere per la sua famiglia che “è andata in cielo”, e “per i miei amici”, anche loro “sono andati in cielo”, “sono morti nell’acqua”.
Un vero e proprio treno “in cui il dolore del vissuto dei suoi piccoli passeggeri è una trama sulla quale si intreccia l’ordito della cura e dell’affetto donati ai ragazzini dall’Associazione Giovanni XXIII, dall’Orchestra infantile ‘Quattrocanti’ di Palermo in cui cantano ragazzi di otto etnie, dall’intraprendenza di Maria Salvia, preside di una scuola di Vibo Marina, che porta a Francesco i soldi di una colletta per i bimbi di Lesbo e una lettera, firmata dai suoi alunni”, letta a Papa Francesco dal cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura:
“Noi, bambini, promettiamo che accoglieremo chiunque arriverà nel nostro Paese; non considereremo mai chi ha un colore di pelle diverso, chi parla una lingua differente o professa un’altra religione, un nemico pericoloso”.
Il Pontefice ha risposto a una bambina che gli chiedeva cosa significasse per lui “essere Papa”. Significa, è la risposta, fare il “bene che io posso fare”: “Ma io sento che Gesù mi ha chiamato per questo. Gesù ha voluto che io fossi cristiano, e un cristiano deve fare questo. E anche Gesù ha voluto che io fossi sacerdote, vescovo e un sacerdote e un vescovo devono fare questo. Io sento che Gesù mi dice di fare questo: questo è quello che sento”.
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