Un sabato, dopo aver accompagnato a scuola mio figlio, ero entrata in chiesa per una breve preghiera sedendomi all’ultimo banco. Ad un tratto, nella chiesa deserta, entra una persona che, avvicinatasi a me, mi strappa la borsa poggiata sulle gambe e fugge via.
Il panico: mio marito era in Spagna per lavoro e senza chiavi non sarei potuta rientrare a casa… Avevo in borsa anche tutti i documenti… In uno slancio istintivo mi precipito fuori dalla chiesa, mentre lo scippatore accendeva la sua moto per fuggire. Mi sono aggrappata al suo braccio, pregandolo di lasciarmi le chiavi e i documenti… Mi ha trascinata un po’ facendomi cadere e poi è riuscito a fuggire.
Una giovane coppia che aveva assistito alla scena si è subito avvicinata per aiutarmi. Lui, medico, verificato che avevo solo delle contusioni, ha inveito contro lo scippatore con durezza: “Tanto questi prima o poi muoiono tutti; l’Aids fa giustizia”. A queste parole, che mi hanno fatto male più dei lividi, ho risposto con tutto l’amore possibile: a me sembrava un povero disgraziato che chissà quali situazioni drammatiche potevano aver spinto a quel gesto disperato. La rabbia del mio soccorritore è svanita e mi ha dato ragione.
Mentre andavo via, riflettendo che solo l’amore può vincere sul male e sull’odio, interrompendo la catena di situazioni negative, poco più avanti ritrovo la mia borsa gettata sul lato della strada: dentro c’era l’intero contenuto anche i soldi. Nulla è piccolo di ciò che è fatto per amore… Anche togliere dalla strada una bottiglia di vetro rotta, lasciare più pulito di come l’ho trovato un bagno pubblico, perché chi ne usufruirà dopo possa trovarlo come avrei desiderato trovarlo io… C.L.
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