UNA NUOVA STORIA D’AMORE…

UNA NUOVA STORIA D’AMORE…

Pubblicato da Stefano, Con 0 Commenti, Categoria: Articoli,

Già prima della fine del vangelo, Luisa era stata rapita dai suoi pensieri: un altro Natale da vivere in solitudine; sì, c’erano i genitori, i suoceri, i cognati, tutti sempre presenti e vicini, ma mancava lui. E poi il futuro dei bambini: sarebbe riuscita a farli crescere da sola? Il lavoro, la crisi…

Mentre pensava a queste cose, si accorse che Iacopo stava lentamente percorrendo la navata centrale. Iniziò a salire i gradini del presbiterio, Luisa si rivolse al Signore: «Ti prego, fermalo!». Tutta l’assemblea stava fissando Iacopo, che intanto si era avvicinato al prete e con un cenno gli aveva chiesto di abbassarsi. Questi, tra lo stupito e il divertito, si avvicinò. Iacopo gli sussurrò qualcosa all’orecchio ed egli subito si fece portare il microfono dal sacrestano. Intanto, con fare solenne, il bambino estrasse dalla tasca interna del piumino un foglio di carta piegato e con calma si mise a dispiegarlo. Luisa non sapeva cosa fare, avrebbe voluto nascondersi sotto il banco o scappare fuori, ma non poteva far niente; era come paralizzata, e così chiuse gli occhi e attese.

Con il sacerdote al suo fianco che gli reggeva il microfono, Iacopo cominciò a leggere quella che aveva tutta l’aria di essere una lettera.

Caro Gesù Bambino, quest’anno ti ho scritto una lettera, ma non per chiederti un regalo.

Quest’anno voglio che la mia lettera giunga direttamente a te, senza passare per tante mani. Non ho niente da chiederti, perché non ho bisogno di nulla e di regali ne ho già abbastanza. Ti scrivo solo per ringraziarti di tutto ciò che mi hai già regalato.

Caro Gesù, ti ringrazio di avermi donato un papà, anche se solo per quattro anni. I grandi dicono che lo hai chiamato a te così presto perché avevi bisogno di un bravo angelo, ma io non credo che tu abbia il coraggio di fare una cosa del genere; di angeli tu ne hai già tanti e anche bravi, io di papà ne ho uno solo. Non mi interessa sapere perché lo hai chiamato, mi basta sapere che è con te.

Caro Gesù, ti ringrazio per il dono straordinario di avere una mamma. I grandi dicono che non bisogna che i genitori si mostrino in lacrime davanti ai figli, ma io ti ringrazio per tutte quelle volte che ho scoperto mamma che piangeva in silenzio.

«Mamma, non devi vergognarti, e non serve che ogni volta ti giustifichi dicendomi che non stai piangendo, ma sei solo un po’ raffreddata, anche se siamo in pieno agosto. Io ti voglio bene lo stesso, anzi quando ti vedo piangere te ne voglio ancora di più».

Vedi, Gesù, io non so che cosa significhi amare perché sono ancora piccolo, ma credo che amare una persona vuol dire piangere per lei, e quando non abbiamo più nulla per cui vale la pena piangere significa che non sappiamo più amare.

Caro Gesù, ti ringrazio per avermi donato dei nonni. I grandi dicono che i nonni sono pesanti, che raccontano sempre le stesse cose, che mentre parli si addormentano, che non capiscono quello che gli dici perché sono vecchi: ma cosa c’è di più bello di ricevere una carezza e un abbraccio dai nonni? Nei loro occhi c’è una serenità e una pace che placa le nostre paure di bambini. I grandi spengono gli occhi dei vecchi per accendere la televisione, e così guardano fredde luci che si accendono e si spengono piuttosto che ascoltare tutte le storie che si racchiudono nei loro sguardi.

Caro Gesù, ti ringrazio per il dono della comunità in cui vivo. I grandi dicono che in parrocchia non si va mai d’accordo, che ci sono divisioni, che chi ce l’ha con questo e chi con quell’altro, ma ogni volta che mi presento a chiedere qualcosa a uno di loro sono sempre gentili e disponibili, mi aiutano, mi insegnano tante cose ed è bello essere parte di una comunità in cui si gioca, si canta, si prega, si sta insieme. Gesù, mi spieghi perché prese una per una le persone sono tutte buone e brave, e invece quando si mettono insieme fanno di tutto per non andare d’accordo?

Caro Gesù, grazie per tutte le persone che questa notte sono venute qui a festeggiarti. I grandi dicono che tu non esisti. A volte credo che dicano questo perché hanno paura, non di te, ma della vita che conducono. Sai qual è la cosa più strana? Tu vuoi che loro siano felici e loro fanno di tutto per non esserlo. Dicono a noi piccoli che tu non ci sei; ma se tu non esisti, da dove viene la gioia che sperimentiamo in momenti come questi? E poi, detto tra noi, se tu non esistessi io a chi starei leggendo questa lettera?

Caro Gesù, grazie di essere nato anche quest’anno. I grandi dicono che non ti meritiamo, che siamo cattivi, che se loro fossero te avrebbero già distrutto tutto; ma per fortuna loro non sono te. Caro Gesù, grazie perché in questa notte santa tu non vieni a rimarcare i nostri peccati, i nostri difetti, le nostre mancanze, ma piuttosto ogni anno ritorni tra noi per iniziare una nuova storia d’amore con ogni uomo.

Caro Gesù, grazie di tutto e buon Natale.

In chiesa c’era un silenzio che permetteva di sentire il rumore della lettera che Iacopo stava ripiegando. Con un cenno ringraziò il sacerdote, e si incamminò verso il suo posto. Luisa lo aspettava piangendo, e dopo averlo abbracciato gli sussurrò in un orecchio: «Stai tranquillo, questa volta non sono raffreddata».

Don GIANLUCA FABBIAN

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