Tanti dei miei colleghi di lavoro, del tempo del comunismo, aderivano al partito e si dicevano atei. Ora siamo tutti invecchiati e ho saputo che uno di loro era in ospedale. Ero in dubbio se andarlo a trovare, anche perché, sapendo che ero credente, lui mi aveva criticato per mettermi in cattiva luce agli occhi di tutti i colleghi.
Un giorno mi sono fatto coraggio e sono andato. Quell’uomo altero e sicuro era rannicchiato come un bambino indifeso. Appena mi ha visto, ha confessato che sperava che andassi da lui: “Perdonami se ti ho fatto del male, ma eravamo ubriachi di ideologie e odio di classe. Tu eri un nemico perché non eri con noi. Ora vedo diversamente la vita e la storia. Quando si impara la lezione, è ora di andarsene e non si ha tempo e forza per dirlo agli altri”. Mi ha chiesto poi un favore: aiutarlo a parlare con un sacerdote. Così ho fatto.
Si è spento sereno. Anche la famiglia di lui, dopo la sua morte, ha ritrovato una nuova armonia.
V.G. – Ungheria
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