“Lunedì della scorsa settimana Il Sole 24Ore ha aperto la prima pagina con un approfondimento originale, se considerata la linea editoriale che caratterizza il quotidiano economico-finanziario. Presentava la fotografia di voi, ragazzi, scrivendo che 1 su 4 presenta sintomi depressivi e 1 su 5 soffre disturbi d’ansia. Aggiungeva che i ricoveri per anoressia e bulimia sono triplicati, come è cresciuto in maniera significativa l’uso di psicofarmaci fra i ragazzi tra 15 e 19 anni.
C’è una generazione in sofferenza, ferita da un dolore segreto, un fiume carsico, che appare e scompare velocemente: se non sei attento, se non sei disponibile a coglierne i segni, a riconoscerlo, ci passi accanto senza nemmeno vederlo.
Del resto, non avviene forse la stessa cosa per tanti altri luoghi e situazioni di fragilità e di sofferenza, che diventano subito invisibili?
Penso, per restare vicino a noi, alle famiglie del territorio di Pierantonio, Rancolfo, Cenerente, che il terremoto ha privato della loro abitazione e delle loro chiese; penso a un detenuto di Capanne, che oggi mi diceva: “Mi sto spegnendo, non riesco più a sentire emozioni, a innamorarmi…”.
Penso, per allargare lo sguardo, alle vicende di un Iran, che acceca letteralmente i suoi giovani – le sue ragazze – con l’intento di umiliarne la bellezza e spegnerne i sogni; un’Ucraina, che era il granaio d’Europa e non solo, mentre oggi è bagnata dal sangue di centinaia di migliaia di vite; un Malawi – il “nostro” Malawi – devastato dalla furia del ciclone; un Mediterraneo che – a differenza del Mar Rosso – si richiude, di vita di quanti fuggono dalla miseria e dalla violenza, dalla persecuzione e dalla guerra…
Queste croci, che per noi è facile non vedere, contraddicono il disegno di Dio sull’uomo e sulla creazione. Un disegno che prende forma nel volto di Gesù di Nazaret, nelle sue parole, nella sua vita: la sua stessa croce dice la misura del suo amore; la sua passione riassume in sé la passione di ogni uomo; in lui, coronato di spine, c’è il giusto sofferente, che anche nella morte non smette di affidarsi al Padre: il grido del Crocifisso è lanciato al cielo, non contro il cielo…
Dinanzi a lui possiamo venir presi da un’infinita tenerezza, proprio come fu per San Francesco, che meditava la Passione con compassione.
Fino a sentire che nella morte in croce di Gesù c’è una vita che non può essere tolta. Una vita che non viene semplicemente “dopo” la morte, ma che è già “dentro” la sua vita di amore, di servizio, di fiducia incondizionata nel Padre. Vivere così, ragazzi, è già risorgere, è vivere a partire da una Vita che non ci salva dalle onde pericolose, ma che ci libera dalla rassegnazione, dalla paura che paralizza e dalla disperazione; una vita che dà significato e spessore a tutto ciò che siamo e che facciamo.
“Se Dio ci ha amati così – dice San Giovanni – anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri”.
È una vita possibile, come potrebbero assicuravi le testimonianze dei dodici giovani che a Pasqua riceveranno il battesimo. Si sono avvicinati alla fede e alla Chiesa per contagio, perché affascinati dalla vita di un compagno di Università, dall’amore di un ragazzo, da un percorso di catechesi, da un’esperienza di accoglienza da parte della comunità cristiana. Hanno lasciato la loro religione di ieri o la loro indifferenza religiosa per abbracciare il Vangelo e diventare discepoli di Gesù.
Sì, la vita proposta da Cristo è possibile ed è bella. Parola di Chiara Letizia, che nella domenica dopo Pasqua farà la sua professione nel monastero delle Clarisse di Sant’Agnese; parola di Maria Grazia, che in questo stesso nostro monastero ha appena celebrato i 70 anni di professione religiosa. Una giovane e un’anziana, unite da una sola parola: gratitudine alla vita.
Cari ragazzi, no, “non siamo semplicemente il prodotto casuale e senza senso dell’evoluzione. Ciascuno di voi è voluto, è amato, è necessario”.
Lasciatevi affascinare da chi, accanto a voi, non si stanca di testimoniarvi questo sguardo, questa vita.
Lasciatevi interrogare da chi attende la vostra risposta.
Lasciatevi incontrare dal Vangelo e guardare negli occhi dal Signore Gesù: vi ritroverete subito in cammino. E non vi sentirete più soli.
Don Ivan Maffeis, vescovo
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