Frequento l’ospedale della mia città con una decina di altri volontari ospedalieri. Nel reparto di malattie infettive, dove sono ricoverati i malati di Aids, avevamo cercato di avvicinare Giorgio, un giovane carcerato al quale era possibile far visita perché non piantonato. Ogni qualvolta però bussavamo alla sua porta, ci sommergeva il rumore assordante del televisore che lui teneva acceso a tutto volume forse per non pensare ai suoi guai e anche per allontanare possibili interlocutori. Senza farci scoraggiare dal suo atteggiamento, tentavamo di farcelo amico.
Un giorno, quando meno ce lo saremmo aspettato, Giorgio ci fece entrare, spense la tv e chiuse la porta. “Voglio parlare”, esordì esitante. In breve, voleva “sapere” di Dio: chiedeva un Vangelo per poterlo leggere.
Nelle successive visite vedemmo pian piano sparire la maschera di cinismo che gli era abituale. Arrivò anche a riprendere i contatti con la famiglia che lo aveva fatto interdire.
Ora Giorgio non c’è più. Gli siamo stati accanto fino alla fine e lo abbiamo pianto come un amico carissimo. (Maria – Italia)